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LA COMUNICAZIONE LIQUIDA
La nostra è una vita 'liquida', costituzionalmente incapace di mantenere invariata la propria forma e seguire per lunghi tratti la stessa rotta.
È questa, in estrema sintesi, la definizione della vita moderna, secondo Zygmunt Bauman, autore di numerose pubblicazioni di successo sul tema della globalizzazione e dei suoi risvolti sociali.
Oggi, la nostra vita è infatti, per il brillante sociologo polacco, una successione ininterrotta di nuovi inizi e pertanto è una vita 'liquida', precaria, vissuta in condizioni di continua incertezza, con la paura di essere colti alla sprovvista, rimanere indietro, dimenticare le “date di scadenza”, perdere il momento della svolta e superare il punto di non ritorno. Dove ciò che conta è la velocità. Non la durata.
Anche per questo, sempre secondo l’analisi di Bauman, “incapaci di rallentare il ritmo sbalorditivo del cambiamento, nonché di prevederne e controllarne la direzione, ci concentriamo su cose che possiamo, o che pensiamo di potere influenzare: cerchiamo di calcolare e minimizzare il rischio di cadere vittime dei pericoli indefinibili o di scoprire 'i sintomi della depressione' o ancora di cercare bersagli sostitutivi su cui scaricare l'eccesso di paura cui sono state tolte le vie naturali di sfogo. E così ripieghiamo sulle elaborate precauzioni contro il fumo, l'obesità, il fast food, il sesso senza protezione o … l'esposizione al sole”.
In questa cornice, la comunicazione non fa eccezione. Anzi è la cartina al tornasole di una società che ha scelto la quantità, la velocità, il consumo come gli imperativi cui conformarsi.
La comunicazione, il cui contenuto sempre più spesso, oggi, si appiattisce sulla forma del contenitore e rischia di essere fine a se stessa, diventa perciò anch’essa liquida. È una comunicazione sempre più veloce ma sempre più incapace di tradurre, senza tradirla, la complessità di un messaggio, confondendone pericolosamente una parte con il tutto; è una comunicazione consumistica, priva di un reale valore di scambio ma destinata all’”usa e getta”, senza impegno e senza responsabilità reciproche tra comunicanti.
Insomma la comunicazione moderna è liquida, come liquida è la società fotografata da Zygmunt Bauman.
È questo il contesto culturale, delineato dal sociologo polacco, a cui ha fatto riferimento Angelo Scelzo, l’autorevole relatore all’ultimo seminario de
Il relatore al nostro seminario infatti ha ribadito che “l’insieme degli innumerevoli mezzi di comunicazione oggi disponibili, ci sta dimostrando che non sempre riescono ad essere in grado di trasmettere anche la complessità di ciò che avviene nel mondo. … Ognuno di questi mezzi ha in sé una propria avidità che talvolta riesce ad attrarre a sé contenuti che vengono frullati, sminuzzati attraverso mezzi diversi. Nella gerarchia ereditata dei valori riconosciuti la sindrome consumista ha spodestato la durata. La cultura liquido-moderna non avverte più di essere una cultura dell'apprendimento e dell'accumulazione. Essa appare piuttosto come una cultura del disimpegno, della discontinuità e della dimenticanza”.
Al tempo stesso Angelo Scelzo ha segnalato la necessità di superare i rischi della comunicazione "liquida", incoraggiando iniziative come quella de La Tenda cui ha riconosciuto la capacità di garantire consistenza al contenuto del messaggio (e non solo al mezzo) e il merito, decisamente lusinghiero per le iniziative del nostro Centro, di “guardare in faccia le persone, di ospitarle, di confrontarsi vis-à-vis, di mettere in concreto le proprie esperienze e di riversarle poi sul territorio”.
È un merito, ma soprattutto una responsabilità che sentiamo ancor più, nella misura in cui ci accorgiamo, altrimenti, di rischiare di perdere di vista il senso del nostro comunicare, delle nostre relazioni sociali, del nostro stare insieme.
Ed in realtà i Seminari de La Tenda Fieravecchia, aperti a tutta la cittadinanza, invitata a confrontarsi con “interlocutori attendibili” sulle questioni sociali che richiedono nuove risposte, hanno perseguito esattamente l’obiettivo di promuovere un’autentica comunicazione sociale trattando argomenti, problemi e temi sociali che interrogano la società contemporanea. Una risposta, insomma, non solo teorica alla necessità di luoghi comunicativi, capaci di far interagire real
mente le persone. È vitale, infatti, recuperare l'incontro tra comunicanti, per guardarsi negli occhi, percepirsi come persone che abitano lo stesso tempo e riscoprire la qualità, la responsabilità del messaggio e della proposta che si intende trasmettere e magari condividere.
Mario Scannapieco