caosinforma 61
caosinforma 61
La proposta comunitaria deve trovare una riscoperta. L'assenza di mediazioni sociali e politiche, tipica della nostra epoca, rischia infatti di amplificare il disagio dei cittadini e dei giovani, ulteriormente mortificati dalla prospettiva di una gestione della “cosa pubblica” affidata a ristrette e spesso ciniche oligarchie.
Dedichiamo, dunque, il numero 61 di caosinforma al “modello comunità”, o meglio ai diversi modi di fare comunità, da quelli con finalità di recupero a quelli con finalità formative, da quelli con finalità produttive a quelli con finalità di benessere sociale.
Tutti peraltro riconoscibili dalla scelta, ineludibile, di lavorare in gruppo e di porre al centro di ogni azione il valore primario della persona.
Se è vero che il modello della comunità terapeutica va ristrutturato in risposta ai cambiamenti del nostro tempo e riproposta secondo un modello più aperto e flessibile, più adeguato alle caratteristiche dei nuovi utenti, la proposta comunitaria rimane insostituibile.
Infatti il modello di interazione sociale che essa propone, l’intensità delle relazioni affettive che lega le persone che ne fanno parte, i valori cui si ispira, la spiritualità che ne è alla base, ne fanno un’esperienza sempre valida. Lo testimonia, se non altro, la storia e la tenuta di questa millenaria esperienza di solidarietà, praticata in quasi tutte le latitudini del globo terrestre.
Di fatto la Comunità non è solo terapeutica, è anche un paradigma per le esperienze formative ”extra-comunitarie” , un “format” basato sull’esperienza della condivisione, del confronto, dell’interdipendenza positiva e, in quanto tale, esportabile in contesti laboratoriali, formativi, scolastici e, perché no, (mai dire mai) politici.
Una proposta, dunque, quella comunitaria, che trova la sua radice in un modello di uomo che completa la sua natura nel rapporto con il gruppo dei simili e che nel gruppo trova l’occasione e per crescere al di là di uno sterile, esasperato individualismo.
E in effetti la proposta comunitaria rappresenta il naturale antidoto al mito dell’affermazione individuale esasperata, al relativismo morale ed etico come filosofia di vita, al miraggio del successo individuale a tutti i costi, alla falsa risposta ad una domanda di senso cui la società contemporanea spesso non sa come rispondere altrimenti.
Non a caso, va detto anche questo, il modello di vita comunitaria è l’unica esperienza terapeutico - educativa che ha funzionato efficacemente per tirare fuori i giovani dalla piaga sociale della tossicodipendenza. Espressione drammatica, quest’ultima, di un disagio che, a ben guardare, è il precipitato dei guasti sopra citati.
Ma non solo. Di fronte ai contemporanei, inquietanti, fenomeni generati dalla economia e dalla finanza globalizzata, risulta sempre più evidente che, anche a questo livello, non sono più sufficienti i rimedi finora esperiti, come l'economia sommersa, la famiglia come soggetto economico, la piccola impresa, i patti sociali o azioni educative di corto respiro, ecc.
Anche per questo la proposta comunitaria deve trovare una necessaria riscoperta. L'assenza di mediazioni sociali e politiche, tipica della nostra epoca, rischia infatti di amplificare il disagio dei cittadini e dei giovani, ulteriormente mortificati dalla prospettiva di una gestione della “cosa pubblica” affidata a ristrette e spesso ciniche oligarchie politico –finanziarie.
Del resto, la stessa “rete”, deve essere rivalutata in termini di Geimenshaft (= comunità sociale) piuttosto che definita solo in termini di Gesellschaft (= associazione). Laddove la Geimenshaft deve essere l’elemento fondante di un nuovo processo di sviluppo sociale. Deve diventare, in altri termini, modello di riferimento delle relazioni tra le persone, gli enti e le organizzazioni.
Complessa ma affascinante, l’istituzione di una vasta rete di soggetti pubblici, del privato e del privato-sociale, a livello nazionale ed e europeo, potrebbe permettere il consolidamento di un nuovo sviluppo sociale attraverso una intensa azione di intermediazione sociale. Di questo oggi più che mai c’è bisogno.
Figure centrali del processo di costruzione della Comunità, le istituzioni pubbliche che, a livello locale, dovrebbero farsi “catalizzatori di processo” ed adoperarsi per favorire la partecipazione attiva di tutti gli attori–chiave del territorio.
Dedichiamo, dunque, questo numero di caosinforma al “modello comunità”, o meglio ai diversi modi di fare comunità, da quelli con finalità di recupero a quelli con finalità formative, da quelli con finalità produttive a quelli con finalità di benessere sociale.
Tutti peraltro riconoscibili dalla scelta, ineludibile, di lavorare in gruppo e di porre al centro di ogni azione il valore primario della persona.
Mario Scannapieco
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