DIMMI DI NO! Note a margine
Questo seminario nasce da una chiacchierata, con Nicola ed altri amici, a Sorella Luna.
Il tema su cui ci confrontavamo era la dipendenza affettiva che tanto spesso caratterizza i giovani.
E sia Nicola che gli altri amici concordavano sulla incidenza del fenomeno, tra i giovani che poi magari ricorrono alle droghe ma anche tra quelli che alla droga, per fortuna non ci arrivano mai.
Ma ci siamo subito posti una domanda: non è la stessa dipendenza affettiva una forma di droga?
Forse si! è stata la risposta quasi unanime. Anche perché associata a questa “addiction”, vi è quasi sempre, un giovane, fragile psicologicamente, con poca fiducia nei propri mezzi, privo sostanzialmente di autonomia, alla ricerca di un supporto, percepito come essenziale per vivere.
Il tema su cui ci confrontavamo era la dipendenza affettiva che tanto spesso caratterizza i giovani.
E sia Nicola che gli altri amici concordavano sulla incidenza del fenomeno, tra i giovani che poi magari ricorrono alle droghe ma anche tra quelli che alla droga, per fortuna non ci arrivano mai.
Ma ci siamo subito posti una domanda: non è la stessa dipendenza affettiva una forma di droga?
Forse si! è stata la risposta quasi unanime. Anche perché associata a questa “addiction”, vi è quasi sempre, un giovane, fragile psicologicamente, con poca fiducia nei propri mezzi, privo sostanzialmente di autonomia, alla ricerca di un supporto, percepito come essenziale per vivere.
Gli esempi non mancano:
· giovani che non superano la fine di un rapporto sentimentale,
· ragazzi che evitano ogni impresa che comporti l’assunzione di responsabilità,
· figli che non riescono a distinguere i loro propri bisogni dalle aspettative dei familiari,
· una prolungata permanenza nella famiglia di origine ben oltre i limiti fisiologici della post adolescenza.
Come se la vita non fosse sostenibile senza una persona da cui dipendere.
D’altro canto, complementare all’evidenza di questo fenomeno, vi è l’atteggiamento di chi i giovani li ha educati, e contribuisce a mantenerli in tale stato.
Ed in effetti se la dipendenza esiste come fenomeno rilevabile nel comportamento di tanti giovani, è anche perché il messaggio educativo a loro pervenuto, evidentemente ha rafforzato tale atteggiamento.
Ed è per questo che il seminario sulla famiglia, dapprima programmato come riflessione sullo stato attuale di questa primaria aggregazione sociale, è diventato un’occasione per parlare di ciò che veramente rischia di caratterizzare la famiglia oggi: la mancanza di un dialogo aperto, di un confronto sincero, di un ascolto vero.
Infatti, dal nostro osservatorio, risulta sempre più evidente la tendenza dei genitori, ma anche dei figli, a percepire il contrasto intrafamiliare come un evento minaccioso, inopportuno, da evitare ad ogni costo. E anche per questo, sembrano prevalere rapporti che, più o meno consapevolmente, protraggono, il più possibile, un legame di dipendenza, salvo poi, magari, culminare in drammatiche “rotture”.
In pratica, succede spesso che invece di affermare con chiarezza il proprio punto di vista, riconoscendo anche all’interlocutore il diritto/dovere di dire e sostenere responsabilmente la sua opinione e le sue scelte, si preferisce procrastinare sempre più questo momento e con esso l’assunzione di responsabilità personali e sociali.
Del resto, anche tra i giovani di età maggiore di qualche anno (tra i 20 e i 25 anni) ritroviamo un fenomeno strettamente correlato. Vale a dire la permanenza in famiglia dei giovani, in età adulta.
Anche a questo fenomeno abbiamo dedicato una indagine specifica tesa a conoscere l’entità e le possibili cause del fenomeno, dalle nostre parti.
Sembra, anche in questo caso, confermarsi l’ipotesi del perdurare della cultura della dipendenza, tesa a ritardare lo “svincolo” dalla famiglia di origine.
Ma, anche in questo caso, in effetti, che ciò che sta mancando alle nostre famiglie, oggi, è la capacità di dialogare veramente con i figli.
Ascoltarlo da adulto, con comprensione, ma senza indulgenze e senza pietismi. Semplicemente per aiutarlo a sviluppare una sana autonomia.
Un’autonomia fatta di scelte responsabili, di consapevolezza, di autopromozione, e di fiducia nella capacità di costruire relazioni sane.
Ma, il dubbio nasce spontaneo, non è che per porsi in questo modo il genitore deve maturare una più sana consapevolezza delle proprie reali paure, delle proprie problematiche personali e di coppia?
Forse è proprio così. Certo è che partendo dai giovani non si può non arrivare agli adulti, agli educatori, ai genitori.
E questo seminario nasce proprio con questa velleità: riproporre la sfida di un rapporto vero, tra persone che voglio diventare interlocutori attendibili, capaci di dialogare veramente anche quando è scomodo farlo, perché si rischia di mettere in crisi un confortevole quieto vivere.
All’origine della nostra proposta educativa c’è sempre stata la famiglia: è una intuizione che, in verità, abbiamo un po’ abbandonato nel tempo e che oggi rischiamo di sprecare.
E se questo è capitato è forse anche perché, a dirla tutta, lavorare con le famiglie è oltremodo complesso.
Di fatto, il tema di cui vogliamo parlare, in questo seminario, ci consente ed anzi ci obbliga, a riprendere la questione dei rapporti familiari come terreno privilegiato per ripartire del riconoscimento di un malessere, spesso silente, cha attraversa le nostre famiglie, per dargli voce, e per far si che diventi occasione per crescere veramente, tutti.
Flavia Posabella, la nostra nuova amica che Francisco Mele ci ha fatto conoscere e che ha maturato una grossa esperienza sul campo oltre ad essere una formatrice titolata può aiutarci non solo in questa sede a riflettere sull’argomento ma anche a fornirci stimoli e conoscenze, nella prospettiva di avviare servizi di sostegno alla genitorialità, e momenti di ulteriore confronto tra educatori, naturali e professionali, rafforzando la proposta del “sistema formativo integrato”.
· ragazzi che evitano ogni impresa che comporti l’assunzione di responsabilità,
· figli che non riescono a distinguere i loro propri bisogni dalle aspettative dei familiari,
· una prolungata permanenza nella famiglia di origine ben oltre i limiti fisiologici della post adolescenza.
Come se la vita non fosse sostenibile senza una persona da cui dipendere.
D’altro canto, complementare all’evidenza di questo fenomeno, vi è l’atteggiamento di chi i giovani li ha educati, e contribuisce a mantenerli in tale stato.
Ed in effetti se la dipendenza esiste come fenomeno rilevabile nel comportamento di tanti giovani, è anche perché il messaggio educativo a loro pervenuto, evidentemente ha rafforzato tale atteggiamento.
Ed è per questo che il seminario sulla famiglia, dapprima programmato come riflessione sullo stato attuale di questa primaria aggregazione sociale, è diventato un’occasione per parlare di ciò che veramente rischia di caratterizzare la famiglia oggi: la mancanza di un dialogo aperto, di un confronto sincero, di un ascolto vero.
Infatti, dal nostro osservatorio, risulta sempre più evidente la tendenza dei genitori, ma anche dei figli, a percepire il contrasto intrafamiliare come un evento minaccioso, inopportuno, da evitare ad ogni costo. E anche per questo, sembrano prevalere rapporti che, più o meno consapevolmente, protraggono, il più possibile, un legame di dipendenza, salvo poi, magari, culminare in drammatiche “rotture”.
In pratica, succede spesso che invece di affermare con chiarezza il proprio punto di vista, riconoscendo anche all’interlocutore il diritto/dovere di dire e sostenere responsabilmente la sua opinione e le sue scelte, si preferisce procrastinare sempre più questo momento e con esso l’assunzione di responsabilità personali e sociali.
Del resto, anche tra i giovani di età maggiore di qualche anno (tra i 20 e i 25 anni) ritroviamo un fenomeno strettamente correlato. Vale a dire la permanenza in famiglia dei giovani, in età adulta.
Anche a questo fenomeno abbiamo dedicato una indagine specifica tesa a conoscere l’entità e le possibili cause del fenomeno, dalle nostre parti.
Sembra, anche in questo caso, confermarsi l’ipotesi del perdurare della cultura della dipendenza, tesa a ritardare lo “svincolo” dalla famiglia di origine.
Ma, anche in questo caso, in effetti, che ciò che sta mancando alle nostre famiglie, oggi, è la capacità di dialogare veramente con i figli.
Ascoltarlo da adulto, con comprensione, ma senza indulgenze e senza pietismi. Semplicemente per aiutarlo a sviluppare una sana autonomia.
Un’autonomia fatta di scelte responsabili, di consapevolezza, di autopromozione, e di fiducia nella capacità di costruire relazioni sane.
Ma, il dubbio nasce spontaneo, non è che per porsi in questo modo il genitore deve maturare una più sana consapevolezza delle proprie reali paure, delle proprie problematiche personali e di coppia?
Forse è proprio così. Certo è che partendo dai giovani non si può non arrivare agli adulti, agli educatori, ai genitori.
E questo seminario nasce proprio con questa velleità: riproporre la sfida di un rapporto vero, tra persone che voglio diventare interlocutori attendibili, capaci di dialogare veramente anche quando è scomodo farlo, perché si rischia di mettere in crisi un confortevole quieto vivere.
All’origine della nostra proposta educativa c’è sempre stata la famiglia: è una intuizione che, in verità, abbiamo un po’ abbandonato nel tempo e che oggi rischiamo di sprecare.
E se questo è capitato è forse anche perché, a dirla tutta, lavorare con le famiglie è oltremodo complesso.
Di fatto, il tema di cui vogliamo parlare, in questo seminario, ci consente ed anzi ci obbliga, a riprendere la questione dei rapporti familiari come terreno privilegiato per ripartire del riconoscimento di un malessere, spesso silente, cha attraversa le nostre famiglie, per dargli voce, e per far si che diventi occasione per crescere veramente, tutti.
Flavia Posabella, la nostra nuova amica che Francisco Mele ci ha fatto conoscere e che ha maturato una grossa esperienza sul campo oltre ad essere una formatrice titolata può aiutarci non solo in questa sede a riflettere sull’argomento ma anche a fornirci stimoli e conoscenze, nella prospettiva di avviare servizi di sostegno alla genitorialità, e momenti di ulteriore confronto tra educatori, naturali e professionali, rafforzando la proposta del “sistema formativo integrato”.
Mario Scannapieco
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