SEMPRE A PROPOSITO DI DOPPIA DIAGNOSI. Prossima pubblicazione del Centro studi e formazione
Sempre a proposito della Doppia Diagnosi, riportiamo la premessa al prodotto multimediale "DOPPIA DIAGNOSI O DOPPIA SPERANZA? Nuove risposte per nuovi bisogni" curato dal Centro studi e formazione caos.
DOPPIA DIAGNOSI O DOPPIA SPERANZA?
Presentare un servizio complesso e delicato come quello rivolto a persone che al ”problema in più” della tossicodipendenza associano un' ulteriore grave sofferenza psichica non può prescindere da una chiarificazione dei termini in questione.Il rischio, altrimenti, è quello di assecondare passivamente la pseudo cultura dell’etichettamento, più o meno scientifico, e la sua subdola capacità di recintare in unghetto più o meno simbolico, persone in difficoltà.Il rischio è, in altri termini, quello di far rientrare dalla finestra ciò che faticosamenteeravamo riusciti a cacciare dalla porta. La tossicodipendenza, infatti, nella nostraesperienza di operatori, si è sempre più rivelata come un problema dell’uomo, un maleoscuro frutto di inadempienze prevalentemente educative, rinunce e fallimenti che, inesorabilmente, chiamano in causa responsabilità familiari, politiche e sociali, comprese, ovviamente, quelle della persona tossicodipendente. Certamente un problema non (o almeno non solo) sanitario. Recintare pertanto il tossicodipendente nel luogo della ”diagnosi", per di più ?doppia?, ha il sapore di una regressione culturale e scientifica, ma soprattutto umana e sociale.Per trasformare questo rischio in un’opportunità, abbiamo avvertito il bisogno di riprendere la questione, a cominciare dalla terminologia usata (e talvoltaabusata) in ambito medico, psichiatrico e psicologico: "diagnosi", "follia", "salute","malattia", "DSM", "test psicodiagnostici, ecc.Ne abbiamo suggerito una rivisitazione utile, si spera, ad una loro integrazione in un processo di sviluppo che veda interagire scienze sociali, medico-sanitarie ed esperienze terapeutiche maturate sul campo. Ma utile soprattutto a non smarrire il primato della persona da riaffermare costantemente nell’ottica di una sua "salutare" responsabilizzazione, in qualsiasi condizione di partenza si trovi, economico-sociale, sanitaria o razziale, ecc.Una persona che, al di là dei tanti segni di disagio che esprime, in fondo richiede sempre e comunque un incontro competente, fatto di ascolto, empatia, solidarietà.
Un'occasione in più per riflettere su un tema dalle importanti implicazioni culturali, umane e scientifiche. Ma anche per il destino dei nostri servizi dei nuovi bisogni formativi.. e per conoscere il vostro parere sull'argomento.
DOPPIA DIAGNOSI O DOPPIA SPERANZA?
l'introduzione di Mario Scannapieco
Presentare un servizio complesso e delicato come quello rivolto a persone che al ”problema in più” della tossicodipendenza associano un' ulteriore grave sofferenza psichica non può prescindere da una chiarificazione dei termini in questione.Il rischio, altrimenti, è quello di assecondare passivamente la pseudo cultura dell’etichettamento, più o meno scientifico, e la sua subdola capacità di recintare in unghetto più o meno simbolico, persone in difficoltà.Il rischio è, in altri termini, quello di far rientrare dalla finestra ciò che faticosamenteeravamo riusciti a cacciare dalla porta. La tossicodipendenza, infatti, nella nostraesperienza di operatori, si è sempre più rivelata come un problema dell’uomo, un maleoscuro frutto di inadempienze prevalentemente educative, rinunce e fallimenti che, inesorabilmente, chiamano in causa responsabilità familiari, politiche e sociali, comprese, ovviamente, quelle della persona tossicodipendente. Certamente un problema non (o almeno non solo) sanitario. Recintare pertanto il tossicodipendente nel luogo della ”diagnosi", per di più ?doppia?, ha il sapore di una regressione culturale e scientifica, ma soprattutto umana e sociale.Per trasformare questo rischio in un’opportunità, abbiamo avvertito il bisogno di riprendere la questione, a cominciare dalla terminologia usata (e talvoltaabusata) in ambito medico, psichiatrico e psicologico: "diagnosi", "follia", "salute","malattia", "DSM", "test psicodiagnostici, ecc.Ne abbiamo suggerito una rivisitazione utile, si spera, ad una loro integrazione in un processo di sviluppo che veda interagire scienze sociali, medico-sanitarie ed esperienze terapeutiche maturate sul campo. Ma utile soprattutto a non smarrire il primato della persona da riaffermare costantemente nell’ottica di una sua "salutare" responsabilizzazione, in qualsiasi condizione di partenza si trovi, economico-sociale, sanitaria o razziale, ecc.Una persona che, al di là dei tanti segni di disagio che esprime, in fondo richiede sempre e comunque un incontro competente, fatto di ascolto, empatia, solidarietà.
DOPPIA DIAGNOSI O DOPPIA SPERANZA?È un titolo provocazione che fa il verso alla doppia diagnosi, ma non è un vezzo linguistico.Corrisponde invece allo spirito di quanti questo lavoro l’hanno realizzato, mettendoci più o meno direttamente mano e? anima. Corrisponde infatti all’atteggiamento di quanti continuano a scommettere sull’uomo, sulla sua capacità, a volte miracolosa, di tramutare il disagio in risorsa e perché no, di trasformare un doppio disagio in una doppia speranza.Ma è rivolto, con analogo spirito, agli operatori che vivono il rapporto faticoso, e a volte estenuante, con la sofferenza umana. Questo lavoro non pretende di cambiare il loro vissuto, ma semplicemente di demistificare le false soluzioni che a volte ricercano, trascurando la propria insostituibile “competenza umana”.Di fatto vuole offrire un?occasione in più per rimescolare le carte di un “sapere” istituzionale e proporre un nuovo approccio verso gli altri e verso se stessi.
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